martedì, giugno 17, 2014

Una vita alla finestra

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Lui l'aspettava spesso alla finestra. Lei arrivava in taxi, come le vere signore. Lui era lì, in attesa della sua ventata di vita.

L'aspettava quasi sempre guardando la strada che costeggiava l'uscio del suo palazzo. L'aspettava da un'altezza di circa dieci metri, seduto su una vecchia sedia di vimini, brutta e logora come il suo viso, coperto di rughe e cicatrici, marchio di troppi anni passati a soffrire.
A vetri rigorosamente chiusi, la finestra era per lui una sorta di muro speciale: si sentiva nascosto e riparato, ma con il privilegio di poter essere indagatore.
Si sentiva protetto, dietro quella finestra. E aspettava.

L'aspettava in particolar modo quando pioveva e fuori imperversava la bufera.
L'aspettava soprattutto quando la sua vita era in grado di illuminarsi solo con i lampi.
Diventava trementamende cogitabondo e cupo, quando pioveva. Osservava i suoi errori e i suoi fallimenti riflettersi in ogni singola goccia e schiantarsi con un assordante rombo sull'asfalto. Sentiva la miseria della sua vita come crampi allo stomaco, che lo faceva accortocciare come carta stagnola ad ogni tuono. Percepiva il vuoto del suo sentiero, percorso e non, come gracchiare di corvi neri sull'albero di fronte la finestra.
E' quando piove che lui ha bisogno di lei, per provare a bastarsi mozzicando un briciolo d'amore da quelle mutande di pizzo nero.
E' quando piove che lui la prenota per tutta la sera, fino all'indomani mattina, per colmare il vuoto del suo cuore come lei scalda il gelo del suo letto.

E quando Monica arriva, protetta dal taxi bianco, lui è ancora lì, alla finestra.

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1 commento:

  1. Un pensiero speciale, con questo pezzo, va a questo blog. Questo è il suo 100° post.
    Ringrazierò sempre infinitamente Jack, per avermi convinto a spaccare il muro della mia riluttanza, dal cui squarcio tiro ancora oggi secchiate di nero sui miei poveri lettori. Grazie.

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